10 anni senza “Pitagora”…
Il 15 dicembre 2003 cadeva il primo dei treni che hanno, da sempre, fatto la storia della ferrovia Jonica: si trattava dell’InterCity 692/695 “Pitagora”, Villa San Giovanni – Bari Centrale via Roccella – Catanzaro Lido – Crotone, che veniva instradato via Lamezia Terme Centrale – San Lucido – Sibari, snaturando per sempre quell’essenza di servizio veloce di collegamento tra tutta la fascia Jonica. Soltanto tre anni dopo, infatti, il mitico e mai dimenticato Pitagora, che nonostante il cambiamento di classificazione in Espresso ed in seguito InterCity, continuava ad essere identificato dai cittadini della locride come “u Rapidu Tarantu/Bari”, apparteneva già ai ricordi di un’epoca d’oro…
Vogliamo ricordare questo storico treno con questa considerazione del nostro Luca Pisconti: parole che oggi sono più che mai attuali, visto che dopo dieci anni la Jonica rivede un collegamento diretto InterCity tra Reggio Calabria e la Puglia…ma magra consolazione, oltre alla traccia oraria sproporzionata, viene vergognosamente effettuato con una automotrice ALn668, o al più da una minuscola composizione di due vetture UIC-X per treni Regionali.
Nel 2003, l’InterCity 692 “Pitagora” percorreva il tratto Reggio Calabria Centrale – Taranto in 6 ore. Oggi, nel 2014, l’InterCity 562 percorre la stessa tratta in 7…
L’alba lo attendeva lì, come ogni giorno, pronto a sfrecciare tra le agavi e l’azzurro dello Jonio mentre le prime luci del mattino cominciavano ad illuminare le strade e i palazzi. Quel giorno, però, quella stessa alba era totalmente ignara del fatto che “Pitagora” avrebbe percorso una via diversa dal solito, forse anche un po’ controvoglia, costretto dalla mano di chi non aveva per nulla fatto i conti con sé stesso. Le cittadine di Locri e Siderno si risvegliarono con il suono di campane “a morto” per celebrare la “fujuta” del “Pitagora” dalla Costa dei Gelsomini alla Costa Viola; ma i cittadini, i Sindaci e soprattutto l’allora Vescovo della Diocesi di Locri-Gerace monsignor Giovanni Maria Bregantini non hanno gradito molto questa manovra da parte di Trenitalia ed organizzarono un’inusuale occupazione della stazione di Locri proprio la mattina del 15 dicembre 2003 (data successiva all’entrata in vigore dell’orario 2004). Forse si sarebbe dovuto partire proprio da lì, da quella piccola protesta, da quel piccolo movimento di ribellione che avrebbe dovuto accrescere e accendere la forza di volontà di tutti i cittadini della Locride: l’InterCity “Pitagora” non era solo un treno, era il treno per eccellenza, colui che dagli anni ’60 aveva dato lustro (assieme ad un altro treno gemello) a 474 km di linea ferroviaria a trazione diesel. Ai tempi, la nostra associazione non era ancora stata partorita, né rappresentava un obiettivo vista la tenerissima età di quasi tutto il direttivo, ma a 10 anni di distanza non si può lasciare tutto nel dimenticatoio e arrendersi. Nel 2006, 2 anni dopo la deviazione via Tirrenica, la triste ed ormai famosa “storia delle zecche” fu fatale al nostro “Pitagora” che vide definitivamente sparire le sue corse tra i colori della Magna Grecia; da allora è cominciato un lento e rovinoso declino dell’idea di collegamento diretto tra la Calabria e la Puglia, affidato sino al 2011, ai soli treni notturni che da Catanzaro Lido e Crotone raggiungevano Taranto e Bari eccezion fatta per il notturno che ha per un anno ha collegato Reggio Calabria con Torino e Milano passando, per l’appunto, dalla Puglia. Solo nel dicembre 2012 si è deciso che la Magna Grecia avrebbe dovuto essere collegata da un treno diretto, ma di certo le aspettative non sono state del tutto rosee: l’attuale treno, infatti, è limitato al percorso che da Reggio Calabria conduce a Taranto e del vecchio “Pitagora” non possiede praticamente nulla, specie il materiale rotabile (molto spesso, purtroppo, affidato ad una singola automotrice). E la nostra alba, quella citata all’inizio di questo post, continua ad essere orfana del suo treno, di quello “Speedy Gonzales” di cui si mantengono sempre dei bei ricordi e che ha contribuito non poco a dare corpo e anima ad una ferrovia che ancora rimane lì sospesa nel nulla, in attesa del suo destino.