21/11/1980: 40 anni fa il disastro ferroviario di Eccellente
Tra le 2.45 e le 3.00 di notte, il 21 novembre del 1980, tra le stazioni di Curinga ed Eccellente, sulla Ferrovia Tirrenica Meridionale poco più a sud di Lamezia Terme Centrale, avveniva uno degli incidenti ferroviari più gravi della storia del trasporto su rotaia in Calabria, ed uno dei più gravi della storia recente d’Italia. Nonostante ciò, si tratta probabilmente di quello più dimenticato: due giorni dopo, il 23 novembre 1980, questa sciagura ferroviaria veniva praticamente “cancellata mediaticamente” da un’ulteriore catastrofe, di proporzioni purtroppo ben più grandi, ovvero il Terremoto dell’Irpinia.
Noi di Associazione Ferrovie in Calabria, grazie al grande lavoro di ricostruzione dei fatti e di conservazione della memoria da parte del nostro associato Domenico Palazzo, abbiamo ritenuto opportuno ricordare quanto avvenuto, e soprattutto onorare la memoria delle 28 vittime (25 delle quali siciliane), in occasione del quarantesimo anniversario del disastro ferroviario, anche attraverso la preziosa testimonianza del Dott. Francesco Nania, giornalista siracusano Direttore di Tele Uno Tris e cronista del quotidiano La Sicilia, figlio di una delle vittime dell’incidente ed autore del libro “Una tragedia siciliana – Cronistoria della sciagura ferroviaria di Lamezia Terme (21 novembre 1980)”. Inoltre l’Associazione Ferrovie in Calabria, attraverso l’interlocuzione con l’amministrazione comunale di Lamezia Terme, sta portando avanti la proposta di intitolazione del piazzale in cui si trova monumentata a S.Eufemia la storica locomotiva a vapore FS 740 287, alle vittime dell’incidente ferroviario in questione.
Ma cos’è accaduto in quella maledetta notte del 21 novembre 1980?
Alle 2:30 il treno merci 40679 partì dalla stazione di Lamezia Terme Centrale diretto verso sud con al seguito 41 carri. Improvvisamente si ruppe un gancio di trazione di uno dei carri merci in composizione, ed il convoglio si spezzò così in due tronconi: 28 carri si fermarono al km 266+200, tra la stazione di Curinga e la stazione di Eccellente, mentre la locomotiva del gruppo E626 in testa al treno, con i primi 13 vagoni, proseguì la marcia. I macchinisti del convoglio non si accorsero di nulla poiché il guasto aveva chiuso parzialmente il rubinetto di testata del manicotto della condotta dell’aria dei freni dell’ultimo vagone rimasto agganciato, cosicché sui manometri di bordo del locomotore non risultava alcun calo di pressione (tra l’altro i potenti compressori della E626 riuscivano a compensare totalmente la perdita d’aria generata comunque da una chiusura non totale del rubinetto della condotta, impedendo quindi l’azionamento automatico della frenatura del primo troncone di treno) . Allo stesso tempo i guardiablocco delle stazioni di Eccellente e Vibo-Pizzo non rilevarono, al transito del treno, l’anomala assenza delle lanterne rosse di coda del treno merci per la quale avrebbero dovuto far arrestare il treno, pertanto non lanciarono l’allarme. Solamente nei pressi della stazione di Mileto, dopo circa 33 km, i macchinisti si accorsero di aver perso metà treno, ma ormai era troppo tardi per evitare la tragedia. Al tempo in cui avvenne l’incidente il tratto di linea ferroviaria era esercitata tramite dirigenza locale e Blocco Elettrico Manuale. Alle ore 2:45 il treno Espresso 587, partito da Roma Termini alle 19:00 con 15 carrozze al seguito e diretto a Siracusa, si schiantò alla velocità di 96 km/h contro i carri merci rimasti lungo la linea. La E.656.075 con le prime carrozze e alcuni carri merci deragliarono, ostruendo l’altro binario parallelo. Nonostante la gravità dell’impatto, l’incidente ferroviario iniziale provocò solo feriti. Circa dieci minuti dopo, sopraggiunse in direzione opposta il treno Espresso 588 partito da Siracusa alle 21:50 con 16 vetture e bagagliaio e diretto a Roma Termini, trainato dalla E.656.280, che impattò a 60 km/h sul treno deragliato; nel secondo scontro, alcune carrozze tipo UIC-X e tipo 1959 precipitarono nella scarpata laterale, mentre le altre, tra cui una modernissima carrozza letto tipo T2s, entrata in servizio da addirittura da poche settimane, si accartocciarono compiendo una carneficina. Il bilancio della sciagura fu di 28 morti e 104 feriti. Le squadre di soccorso dei Vigili del Fuoco di Vibo Valentia, Lamezia Terme e Catanzaro giunsero sul luogo della sciagura insieme a Polizia di Stato, Guardia di Finanza e Carabinieri. Il personale ferroviario del treno aveva iniziato a cercare tra i rottami delle carrozze danneggiate per il salvataggio dei feriti intrappolati. Gli ospedali di Lamezia, Vibo e Catanzaro riuscirono a far fronte all’emergenza medica, grazie anche supporto delle cliniche di Soveria Mannelli e Tropea, che si occuparono dei feriti meno gravi. Le operazioni di salvataggio durarono due giorni, consentendo il ripristino della linea dal 24 novembre 1980. La locomotiva E.656.075 venne demolita nel mese di luglio del 1983 mentre la E.656.280 fu demolita pochi giorni dopo, assieme alle vetture deragliate e pesantemente danneggiate dallo scontro.
Di seguito il ricordo di Francesco Nania, che ringraziamo ancora una volta per la toccante testimonianza inviataci.
Un pilastro della letteratura mondiale come Oscar Wilde diceva che la memoria è il diario che ciascuno di noi porta sempre con sé. Se questo diario rimane chiuso in un cassetto, la memoria si atrofizza non assolvendo la funzione di essere condivisione di esperienze che contribuiscono a costruire la storia della collettività. Questa premessa è doverosa per fare comprendere il significato della memoria di un evento tragico, dimenticato dopo appena due giorni.
Sono trascorsi 40 anni da quel 21 novembre 1980 quando alle 2.40 sulla tratta Lamezia Terme-Villa San Giovanni, quasi all’altezza della piccola stazione di Eccellente, si è verificata una sciagura ferroviaria che ha spezzato la vita di ventuno passeggeri del treno 587 Roma-Siracusa.
Un disastro ferroviario avvenuto di venerdì e passato all’oblio già la domenica successiva, quando ancora i rottami dei vagoni e delle locomotive giacevano sui binari, inghiottito dall’immane tragedia del terremoto in Irpinia. Appena diciassettenne, ricordo l’ansia e l’angoscia di vedere scorrere sui teleschermi dei telegiornali nazionali, l’elenco dei morti e dei feriti di quell’incidente ferroviario sperando con tutte le forze che non figurasse mai il nome di mio padre, che viaggiava su quel treno, preso in anticipo per tornare più presto a casa a Siracusa. L’elenco delle vittime della sciagura di Lamezia la domenica successiva lasciò il posto a quello, molto più lungo, e straziante delle vittime del terremoto. Da quel giorno, si sono spenti i riflettori sulla sciagura di Lamezia, lasciando quelle ventuno famiglie a piangere per i propri cari e a ricostruire l’esistenza senza i loro cari. Sul quel treno viaggiavano per lo più siciliano di ritorno dalla capitale. Una variegata umanità ignara di quello che l’attendeva in quell’impervio tratto ferroviario.
Per ogni cosa c’è il suo tempo, recita la Bibbia, e il momento per fare riemergere il ricordo di quell’evento, è venuto dieci anni fa con la ricerca metodica e appassionata di quanto avvenne quella notte del 21 novembre 1980. E’ come se fosse suonata la sveglia del tempo che mi esortava a rendere omaggio e dignità a quelle vittime e alle centinaia di viaggiatori rimasti feriti più o meno gravemente di cui nessuno sapeva nulla. E’ iniziato un lavoro di ricerca nelle biblioteche, nelle emeroteche, negli archivi dei tribunali, in quelle telematiche del Parlamento per ricostruire in un libro il profilo di queste vite spezzate, di comprendere che cosa realmente accadde quella notte. E più scavavo, più mi rendevo conto che ero nella direzione giusta. Con la pubblicazione del libro, che è stato persino oggetto della tesi di laurea di un giovane ingegnere calabrese, ho avuto modo di conoscere i familiari di alcune delle vittime della tragedia; di apprendere dalla viva voce di alcuni superstiti la concitazione, la paura, la disperazione vissuta in quei momenti in cui i vagoni del 587 deragliavano e si accartocciavano all’impatto contro il treno merci, prima e con quello passeggeri proveniente da Siracusa, poi. Ho appreso della generosità di decine di volontari calabresi, dello spirito di abnegazione di soccorritori e militari che hanno speso energie per estrarre i feriti da quell’ammasso di rottami lungo i binari e ricomporre i resti dei deceduti.
Devo dire che un’esperienza molto forte ho vissuto nel maggio 2010 in occasione della presentazione di quel mio libro al dopolavoro ferroviario di Lamezia Terme, possibile grazie all’organizzazione del mio amico d’infanzia e oggi capostazione a Lamezia Terme, Piero Graceffa. E’ stata una circostanza importante, direi fondamentale per spiegare il senso dell’opera, scevra da ogni pregiudizio ma con l’unico obiettivo di dare dignità a quelle vittime di una sfortunata serie di errori umani ma anche di un sistema ferroviario già allora poco evoluto e colpevolmente in ritardo. Così come importante è stato recarmi in quella semicurva leggermente inclinata in cui, poco prima della stazione di Eccellente, il treno proveniente da Roma, si è scontrato una prima volta con i vagoni (21 come i morti della sciagura) del treno merci partito dalla stazione di Lamezia, abbandonati lungo il tragitto e, subito dopo, contro il treno che, partito da Siracusa, era diretto verso Roma. Ho provato una forte emozione quella volta ed è proprio in quella circostanza che è nato il progetto di raccogliere queste informazioni, sensazioni e storie in un libro.
Da allora, ho ricevuto tante manifestazioni di affetto dalla Calabria, che reputo per tanti motivi affettivi e per la naturale vicinanza territoriale e caratteriale alla Sicilia. Chissà che un giorno questa vostra terra generosa possa rendere degno omaggio alle vittime di una delle più gravi tragedie ferroviarie mai avvenute in Italia con un gesto simbolico ma profondamente significativo che terrebbe aperto il diario della memoria.
Francesco Nania